sabato 24 dicembre 2011

San Michele

La statua di San Michele Arcangelo del Picano (1734) come appariva in una foto di qualche tempo fa.

Francesco Antonio Picano fu allievo di Giacomo Colombo (uno degli scultori più famosi del tempo), sin dal suo arrivo a Napoli nel 1692.
Iniziò da questo momento un percorso artistico che lo condurrà a lavorare ininterrottamente nella sua bottega ad opere di inestimabile valore. Condividendo i modi di intendere l’arte del maestro, molte sue opere si rassomigliano facendo sorgere tra gli esperti la questione Colombo-Picano. Tra questi vi è il collaboratore della nostra Rivista l’amico Franco Pezzella che su “L’Avvenire” del 22 giugno del 1997 affermò che la statua della Pietà della Chiesa di S. Maria dell’Arco a Frattaminore si può attribuire indifferentemente al Picano o al Colombo. Le prime opere di Francesco Antonio Picano sono figure di presepio di cui abbiamo scarse testimonianze. Solo a partire dagli anni Trenta del Settecento Picano può essere considerato un artista affermato e in grado di dominare il campo delle commissioni pubbliche. In questo momento, veramente fondamentale, tanto da segnare una nuova fase nella scultura barocca e rococò, questo grande artista dell’arte statuaria realizzò il S. Nicola di Bari di Volturara Irpina  e il San Michele Arcangelo) (anno 1734) il S. Vincenzo Ferreri e il S. Francesco Saverio di Chiusano (Avellino anno 1739). All’apice dell’arte scolpì il S. Michele Arcangelo e il Lucifero oggi a Los Angeles (California). La prima delle sue opere conosciute è il mezzo busto di S. Biagio della chiesa parrocchiale di s. Giovanni Battista di Casavatore (NA). La scultura è da ritenersi anteriore al 1710; dello stesso periodo sono la statua di legno di S. Michele Arcangelo di Gesualdo e la Madonna del Rosario di Alvito.
A fine lettura si rileva che Francesco Antonio Picano lavorò quasi esclusivamente il legno, mentre suo figlio Giuseppe sperimentò tutte le materie adatte alla plastica presepiale, distinguendosi nella costruzione di puttini alati, animali di grosse proporzioni e oggetti vari, proprio quando il presepe napoletano dava una storica testimonianza di radicata devozione e di culto. Entrambi avevano il gusto rococò per le piccole dimensioni, la cura per il particolare che li spinsero a scolpire S. Giuseppe e la Madonna e pastori, per lo più con volti umani, dando un preannuncio di quanto si manifesterà nella statuaria. Il volume con l’introduzione dell’autore chiarisce il quadro di quel periodo, dove domina l’immagine della Napoli del Viceregno, che rimase fin dagli inizi del XVIII secolo la seconda città europea dopo Parigi, luogo della cultura e dell’arte. Per questa ragione vi accorrevano da tutte le province i giovani, e tra questi i Picano, che avrebbero formato le classi intellettuali e professionali sia delle province che della capitale. Rigogliosa era la vita artistica e una forte committenza civile e religiosa vi attraeva artisti di grido. Gli artisti e scrittori erano, nella prima metà del secolo XVIII, fra i più noti d’Italia. Il libro è preceduta dalla Premessa del direttore dell’archivio di Montecassino, don Faustino Avagliano che si prodiga tanto per la conservazione della memoria storica di questa zona del Lazio in quanto è convinto che l’eredità di chi ci ha preceduto è ciò che dobbiamo consegnare a chi ci seguirà. Questo libro è uno strumento utile e duttile, dove la biografia dei due artisti santeliani è inquadrata entro una cornice editoriale semplice e chiara. Grazie ad esso, a distanza di tre secoli, possiamo ancora oggi ammirare l’arte picaniana in tutto il suo valore, autentico talento artistico che spaziò dal vastissimo settore delle sculture lignee del primo periodo a quelle barocche intagliate nel legno.